mercoledì 26 dicembre 2007

martedì 6 novembre 2007

venerdì 26 ottobre 2007

OGGI ESCE PES 7. E BASTA.

giovedì 25 ottobre 2007

SONO UNA MINORANZA ETNICA

Oggi mi sono svegliato tardi. Mi lavo e faccio colazione. Esco in tutta fretta. Poco prima mi ero affacciato dalla finestra del salotto e il cielo sembrava sereno. In fondo all'ascensore, fuori dal portone del palazzo, non era più così. Allora risalgo e prendo l'ombrello - e perdo altro tempo. Esco di nuovo e mi avvio a passo spedito verso la fermata del tram. Infilo la mano nella tasca dei jeans e mi rendo conto di non avere più biglietti. Attraverso in tutta fretta la strada e raggiungo l'edicola. Lì i biglietti ce li ha sempre. Lì, stamattina, niente biglietti. Va bene, mi dico. Sei in ritardo e tra poco piove, che ti frega del biglietto, il controllore non passa mai e comunque ti metti in fondo, magari resti in piedi pronto a saltare giù. Certo, faccio così. Non ho alternative. Non voglio alternative. Arriva il 14 e vado. A circa 5/6 fermate da Termini c'è la fermata di Porta Maggiore. Qui c'è la rimessa dei tram e tutti gli uffici del personale addetto. Qui la presenza di controllori è possibile. E infatti eccoli. Stamattina non ho il biglietto ed eccoli naturalmente. La cosa divertente è che non sono uno o due, ma almeno una decina. Una specie di gita scolastica dei controllori che in fila indiana si apprestano a salire sul mio mezzo. Per la precisione, dal fondo del mio mezzo, dove appunto sono io. Allora che faccio? Ovviamente scendo, con noncuranza infilo gli scalini mentre loro diligentemente li salgono. Li incrocio. Ma non sono l'unico ad optare per il marciapiede: il cinese al mio fianco e i due zingari che avevo davanti sono nella mia stessa situazione, non hanno biglietto e naturalmente scendono con me. Uno dei controllori (presumibilmente il terzo della fila) comincia a parlare ad alta voce, a contarci: "Eccoli guardate: uno (il cinese), due (la ragazza zingara), tre (il ragazzo zingaro) e quattro (io)...meglio così, c'è più posto per noi". Io infilo le mani in tasca e vedo il tram ripartire. Poi guardo quei tre e mi sento emigrante.

venerdì 19 ottobre 2007

ANNI SETTANTA PER MODO DI DIRE



Ci sono groupie e groupie. Ho questo libro tra le mani (le bozze di questo libro) di Pamela Des Barres e pian piano scopro questo mondo assurdo che per almeno due decenni ha riempito i backstage dei concerti delle band di tutto il mondo. Leggo Di Jimmy Page e Robert Plant, di Clapton e Bowie, di Iggy Pop e dei Guns. E di tutte quelle ragazzine di neppure sedici anni che fuggivano di casa per far la posta alle rockstar fuori dall'albergo, che si infilavano negli ascensori per andare a bussare alla porta di qualche cantante, che facevano a cazzotti per stare in prima fila. E che trombavano col dio-del-rock di turno. Che trombavano o facevano pompini, per l'esattezza. Perchè sembra che una cosa escludesse l'altra, che ci fossero proprio due diverse scuole di pensiero. Ragazzine che si calavano qualsiasi acido, che ci davano giù di coca, che, come Cynthia Plaster Caster, facevano calchi di cazzi e palle famosi...(provate a visitare il suo sito www.cynthiaplastercaster.com). Un delirio, una follia. In fondo si tratta degli anni Settanta, dei giorni in cui i nostri babbi e le nostre mamme si conoscevano, o conoscevano qualcun altro, in balera o sulla rotonda sul mare più vicina. Ballavano, loro, sulle note scatenate di Celentano, dei Dik Dik, dei Camaleonti, si emozionavano per le rime struggenti di Baglioni e Battisti. E forse si facevano qualche spinello. Difficile immaginare Gianni Morandi che si porta una squinzia in camerino e si chiude con lei in bagno: al massimo avrebbe potuto offrirle un bicchiere di latte al bar dello sport più vicino. Certo, Mal con quegli occhioni blu si sarà tolto qualche soddisfazione, e senza dubbio il vecchio Claudio avrà rimorchiato sulla sua Camilla ben più di qualche inglesina suscettibile. Per non parlare di Amedeo Minghi, con quel codino viscido, o Califano. Ecco Califano, sì. Si faceva, trombava, senza ritegno. Ma era uno, faceva parte di una minoranza. E infatti è l'unico cantante ultrasessantenne che non fa che cadere continuamente senza motivo, mentre l'amico Jagger continua a sbattersi sul palco. Questione di stile... Insomma, il nostro era un mondo molto diverso. I Rolling Stones riempivano le arene mentre Don Bachy si spretava per amore della musica.

Ho bisogno di vederti di persona perchè non sto mai così bene come quando ci sei tu. Io riesco a vedere me stesso quando mi guardi.

Russell Hammond a
Penny Lane in QUASI FAMOSI

martedì 16 ottobre 2007

COLLANE HAWAIANE




Titolo originale: "Fantasy Island". Telefilm che andava in onda su Canale 5 e Rete 4 negli anni Ottanta.
Il signor Roarke (Ricardo Montalban) insieme al nano Tattoo (Hervé Villechaize) gestiscono una magnifica isola per le vacanze, chiamata Fantasilandia (fantasy island). Pagando una quota di 50000 dollari era possibile veder realizzato un qualsiasi sogno o rivivere il proprio passato.


Adesso ve lo ricordate? Avrò cercato di spiegarvelo in cento modi, ma continuavate a dire che stavo parlando di Love Boat o, peggio, delle Charlie's Angels o di Magnum P.I..
Sembra che il nano si sia tolto la vita nel 1993. Secondo Dozzini gettandosi dall'omino che lo tiene in collo.

sabato 13 ottobre 2007

CARTOON NETWORK



Shiro alias Giacchè








Semola di nome e di fatto








Tonzula alias Cagnini (è quello in mezzo in basso) (Yattaman)








Peter Griffin alias Trippa








The Monkey alias Dozzini mistico








Poseidone alias Meuri (Pollon)








Gonzo alias Nasic (The Muppets)








Nel Flanders alias Go








Barney alias Focaia








Sanae Nakazawa alias Rigby, la tifosa innamorata di Holly








Abel alias Bozzi (Georgie)









Tonzula alias Cagnini, in compagnia di Ciccio e la Chiarina









Bruce Harper alias Dozzini mentre gioca a calcetto (Holly e Benjie)









Johnny Bravo alias Iacopo











Shaggy alias Paui (Scooby-Doo)










Boyakki alias Ciccio (Yattaman)

giovedì 11 ottobre 2007

IN BIANCO E NERO








Forse avete già visto 8 e 1/2. Forse vi sarà già capitato di assistere alla straordinaria scena in cui Mastroianni, frusta in mano, si impegna a tenere a bada tutte quante le donne della sua vita, e forse, avrete assistito al macabro girotondo finale dei non vivi, accompagnato dalla vivace litania di nino rota. Chissà, di certo non avrete mai visto il colore corvino dei capelli della Saraghina, il bianco candore delle vesti delle donne e degli uomini che popolano "il parco dell'acqua", il rosso e il nero del pesante trucco di Sandra Milo, l'oscurità profonda della notte in cui Guido fugge via per incontrare, infine, la personificazione della sua musa ispiratrice (un'eterea Claudia Cardinale). Oggi sono sbucate fuori un centinaio di foto (che si credevano perdute) scattate sui set del capolavoro felliniano e, udite, udite, sono a colori. Per ammirarle dovrete solo recarvi al museo Fellini di Rimini o alla mostra a lui (e ai suoi disegni/deliri notturni) dedicata, nell'ambito del Festival del Cinema di Roma. Le foto sono belle, bellissime, una delizia per gli occhi, un'occasione in più per cogliere la vitalità di un autore per il quale i simboli e i sottintesi, spesso contavano più dei dialoghi. Eppure, guardandole, non posso fare a meno di pensare che 8 e 1/2 (il titolo rispecchia la condizione di Fellini al momento in cui stava girando: aveva fino ad allora fatto proprio 8 film più un episodio dei tre ispirati ai racconti di Poe in "Tre passi nel delirio") non sarebbe mai stato 8 e 1/2 se fosse stato fatto a colori. E' un discorso che vale per molte pellicole (mi vengono in mente Frankenstein Junior, o il più recente, Good Night and Good Luck), ma che in questo caso ha un significato ulteriore. Fellini aveva attraversato una crisi di ispirazione e aveva pensato bene di fare un film sull'unico argomento al quale in quel momento riusciva a dedicarsi: la sua stessa crisi, appunto. Fare un film su di sè, su quello che era stato fino ad allora e ancora prima, sui suoi sogni di ragazzo, sui suoi ricordi e sulle persone care che avevano popolato la sua esistenza. Un film sul passato che avrebbe dovuto proiettarlo nel futuro. Per questo il bianco-e-nero era necessario. Perchè quello a cui rimandava era preistoria oppure attualità nebulosa. Dunque andate alla mostra e, se non lo avete ancora fatto, guardate il film. E apprezzate i suoi due unici colori, perchè, come pensava Chaplin, "l'interazione tra luce e ombra è parte integrante dell'estetica cinematografica".

martedì 9 ottobre 2007

A VOLTE RITORNANO

Il mio padrone di casa credeva mi chiamassi Stefano. Ne era tanto convinto da aver richiamato una seconda volta i miei coinquilini per assicurarsi che da un mese all'altro non avessero cambiato la compagnia di casa. "Dopo essere stato tranquillizzato - mi raccontavano Lorenzo e Chiara (i due fratelli che dividono la stanza più grande del mio appartamento) -, siccome è un po' smemorato, ci ha chiesto di dargli pure una rinfrescatina dei cognomi". Insomma, doveva mettere i nostri nomi sulla cassetta della posta. "E allora glieli abbiamo detti: Simone Rossi, Lorenzo Parisi, Chiara Parisi...". Scusate, ma ho sentito bene? Cioè questa quà si chiama Chiara Parisi. Cioè io trovo una casa in una via di una città immensa come Roma e la mia coinquilina donna si chiama Chiara Parisi. Cazzo, Chiara Parisi, mica Cinzia Ciccocioppo. Mica Paolella Bagnailcane. Mica MIkaela Brodokillinucciarustichellaepezzindetorta. No! Chiara Parisi. Rido con i ragazzi che mi hanno visto sbiancare. Li saluto ed esco. Dopo qualche minuto squilla il cellulare. Un numero che non conosco, rispondo. "Ciao Simò come stai?". Cazzo è la Chiarina. Cazzo è la Chiarina. Sono tre mesi che non la sento e mi sta chiamando ora e non lo sta facendo per chiedermi un favore, ma così, tanto per sentirmi. Adesso. La Chiarina. Roma può far paura.

sabato 6 ottobre 2007

CELEBRITIES (?)


Ecco l'elenco dei tipi famosi che ho incontrato, finora, nella Capitale:


Quel giornalista Rai identico a Gianni Riotta (poteva pure essere lui). Mangiava pizza al taglio in compagnia di una giovane donzella nei pressi di piazza Fiume, a due passi da Vivalibri e Castelvecchi. Dozzini ha osservato per qualche minuto la scena e poi ha detto: "Mica tonto. Quella n'è male. Certo che 'sti mezzobusti..."

Fassari Antonello. Guidava, dopo le 20,00, lungo una via trafficata della capitale. L'ha notato Nasic, mentre eravamo fermi a un semaforo. L'abbiamo seguito, fino allo stop successivo. Dopo averlo affiancato abbiamo cominciato a fissarlo: Dozzini non faceva che berciare "i Poooooohhhhhh...sò communista così.....i poohhhhhhhhhpoooohhhhh", io e Nasic ridevamo. Fassari, occhiali da vista e donna al fianco, deve essersi spaventato molto. Ci ha guardati terrorizzato.

Piotta Er. Due volte. In casa editrice. Pubblicherà a breve un libro con Castelvecchi. E' basso, veste come nel video del Supercafone, tiene la barba incolta e l'ultima volta l'ho sentito dire "vorrei potè ridà 'n'occhiata all'urtimo capitolo".

Zechila Antonio. E' passato parlando al telefono mentre aspettavo il pulman per termini. Appena l'ho visto ho pensato "ma chi cazzo è questo che mi sembra di conoscerlo!". Il tempo di realizzare e già tutte le persone che lo avevano incrociato, e dico tutte, si erano voltate e dicevano a voce piuttosto alta "anvedi er-mutanda".

Ferreri Gianni. Sto parlando del simpatico partenopeo di Distretto di Polizia. Era sul tram che da casa mia mi porta alla stazione. Non l'ho riconosciuto finchè non siamo scesi. Anzi, ero dietro di lui e siccome si muoveva piuttosto lentamente, l'ho maledetto. Avevo fretta.

Insinna Flavio. Sempre a un semaforo. Stavolta ero io a guidare, mentre lui era il passeggero di un'auto guidata da una discreta topa. Stava componendo un numero al telefonino. Quando dall'altra parte hanno risposto, ha detto: "sò Flavio..." Dozzini non l'aveva riconosciuto, poi quando ha capito chi era mi ha chiesto molto seriamente se lavorava ancora con Terence Hill. Me lo ha chiesto davvero troppo seriamente.

venerdì 5 ottobre 2007

DENNIS SE NE VA

Un tipo sui quarantaquattro anni si è presentato oggi in casa editrice perchè voleva riprendersi il suo romanzo. Le ragazze non sapevano dove fosse e gli hanno chiesto il titolo. Lui, riccio, trippa da alcolizzato, sguardo perennemente terrorizzato, con il quotidiano del mattino arrotolato nella tasca destra dei pantaloni, ha balbettato di non ricordarselo. "Ma come suonava?...a grandi linee..." gli hanno chiesto. E niente. Neppure "a grandi linee" se lo ricordava. Poi un lampo: "Dennis se ne va. Sì. E' questo il titolo. Ma se non lo trovate adesso non fa niente. Magari torno un altro giorno. L'importante è che lo recupero. Non l'ho perso in tutte le camerette che ho girato; mi dispiacerebbe se proprio adesso non si ritrovasse!".
Se lunedì non è saltato fuori mi metto a cercarlo io.

martedì 2 ottobre 2007

CASA MIA, CASA MIA

Nella mia nuova casa al numero 76 di via collatina ieri mattina ho trovato alcune facce nuove. Sono entrato, ho posato i bagagli e mi sono affacciato in cucina. Seduti attorno al tavolo sei tizi in mutande ridevano mangiando marmellata e sorseggiando latte e caffè. Lorenzo, uno dei miei coinquilini, mi ha guardato sconvolto. Certo non si aspettava che arrivassi di lunedì mattina. Certo avrà creduto che io mi fossi incazzato molto. E in effetti lì per lì ho avuto il desiderio di starngolare tutti. Poi, con grande autocontrollo, ho sorriso e me ne sono andato in terrazzo. Stavo quasi raggiungendo la pace dei sensi quando ho pensato una cosa: se in casa mia c'erano sei esseri umani in più del solito, e se i letti di casa sono cinque(sei?) in tutto, e se, come era più che evidente, avevano tutti dormito lì, di corpi in orizzontale quella notte dovevano essercene stati almeno (e dico almeno) 9. Allora mi sono detto "qualcuno avrà dormito con qualcun'altro. Si saranno stretti. Ma avranno rinunciato ad occupare uno dei letti?". Insomma, io avevo lasciato il mio giaciglio rifatto, con le lenzuola pulite e tutto il resto. Così sono entrato in camera e, orrore, ho trovato quel che mi aspettavo. I giovani pugliesi tornati in blocco dalla vacanza a Ibiza, non avevavo fatto sconti. Avevano trovato un letto e l'avevano razziato. Ora sulla federa del mio cuscino tre mici mi guardano. I miei inquilini hanno messo a lavare le mie lenzuola e me ne hanno date altre pulite. Di loro iniziativa. Direte, ovvio, un finale scontato. Ma il forte della storia era il pezzo dei 6 tipi in più. L'avrete capito. Poi in qualche modo dovevo finire, no?

domenica 23 settembre 2007

GUANTI BIANCHI

E' morto Marcel Marceau. Zitto già ce stava, adesso starà puro fermo.

martedì 28 agosto 2007

L'AMORE DELLA VITA

E’ meraviglioso quando qualcuno ti apprezza, e se lo fa mentre sei impegnato in un lavoro schifoso del tipo gettare del terriccio su una cacca di cane per poi raccoglierla con un rastrellino, è ancora più piacevole. Sono accosciato sul mio piccolo peto seccato quando il biondo donnone sessantenne mi chiede se gentilmente le posso portare dell’acqua gassata. “Fa caldo in piscina” dice e l’accento è teutonico ai massimi livelli. Ma il suo è un buon italiano. Vado e torno, sorridente. Lei intanto è al telefonino ed io poggio bicchiere e bottiglia e torno agli escrementi. Ma l’orecchio è teso e colgo frasi smozzicate del tipo “parto per il sudamerica”, “ho parlato con il vescovo che ora è tornato in Vaticano”, “dopo questo concerto mi vorrei riposare” e “il vescovo era triste perché dovrà tornare al Gemelli”, “l’organo nuovo suona benissimo”. Deduzioni rapide e rapide conclusioni: è una concertista che gira il mondo, ha discreti soldi, è colta, profondamente cattolica (lo conferma la catenina d’oro massiccio con crocifisso gigante ciondolante poggiata sopra il posacenere), e conosce bene un cardinale che nonostante preghi ferventemente Dio non se la passa troppo bene, cosa, che peraltro, gli fa girare non poco le palle. La guardo mentre chiude la conversazione e si immerge nell’acqua. “Mi farebbe una foto, crrazie?”. Ed io scatto. “Bellllaaa. Ma una da più lontano, così i miei amici vedono meglio cvesto paradiso”. E click. “Benissimo. Crrazie signore”. Mi volto e tento di tornare al lavoro, ma niente. Eccola gridare: “Beelllllla farfallina, ti salvo io!”. Mi volto di scatto perché immagino si stia suicidando, ma in realtà ha sul dorso della mano un animale enorme che soltanto dopo un’attenta osservazione si rivela essere davvero una farfalla. “La preco signore, mi fa una foto?”. Certo che gliela faccio, e lei contenta; e poi le metto a posto la macchinetta, e lei contenta; e poi mi sto congedando, e lei: “come si chiama signore?”. Le sorrido, “Simone”, ma il mio viso si tramuta in una maschera d’orrore in meno di un nanosecondo. Il donnone, infatti, getta letteralmente la testa all’indietro inzuppandosi tutti i capelli ed emette un sibilo terribile del tipo “aaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhh”. Sono disperato, con la scopa e il sacco nero della spazzatura nelle mani cerco una via di fuga. E poi l’urlo cessa (sarà durato dieci secondi) e lei torna a guardarmi: “E’ incredibileeee, tu signore ha lo stesso nome di crrrande amore della mia vita”. Davvero? E non so se ridere o piangere. Ora continua a parlare, ma il capo mi chiama e riesco a fuggire. Devo raggiungere la signora Maria ai piani per aiutarla a sistemate le camere. Passo prima in bagno: tre minuti, non di più. Salvo con l’ascensore ed entro nella stanza dove Maria è già. E’ una singola e sulla scrivania ecco di nuovo la catenina sacra. Mi guardo intorno. Il donnone non c’è e mi tranquillizzo. Ma non appena mi accingo a rifare il letto ecco la voce amica alle spalle: “Ma lei è ggenio universale!!!. Si okkkupa pure di camere. Vero genio universale!”. Non so come sono riuscito a non ridere: del resto sono un genio universale e per questo godo di un certo autocontrollo.

Film: Io e mia sorella (C.Verdone)

lunedì 27 agosto 2007

LA PIMPA

Aurich, 27-08-2007, foto dal satellite

Mi capita di pensare a Focaia come ad un oggetto informe. Chissà perché. Ecco che me lo immagino sospeso in aria, e questo ci può stare, ma poi lo vedo senza casco di sicurezza e con i capelli biondissimi e lunghi fino alle spalle scompigliati dal vento, e questo certo non va bene. Colpa di questo caldo e di albertazzio che si è rasato a zero i capelli e per un’altra settimana ancora sarà in ferie: mentre scrivo mi gira intorno dicendo che “non cià un cazzo da fare” e che si annoia. Lo capisco e non oso neppure immaginare cosa dovremo inventarci tra qualche mese quando andrà in pensione. Dice che si troverà un lavoretto, mi chiede se Taddei ha bisogno, gli dico che no, assolutamente no. E torna l’idea di Focaia, stavolta nudo con un mestolo in mano che parla chiaramente in tedesco e mangia pasta barilla rimanendo in piedi di fronte all’ispettore Derrick e all’assistente rosciomalpelo che seduti attorno al tavolino di una cucina dalle piastrelle lilla, lo interrogano. Vorranno conoscere qualcosa della sua vita precedente, di Perugia, degli amici e degli amori che ha lasciato. E lui stavolta dirà che “gli frega molto più di un cazzo”. Lo sento pronunciare la frase. Ma come sarà la campagna tedesca? Uguale a quella umbra? Lì nessun incendio almeno, nessuno che fiaccato da un ictus implacabile inneggi all’artiglieria paesana, nessuno che sappia chi cazzo è Corona. La birra direbbero. Certamente sarebbe questa l’unica risposta possibile.
Canzone: Notte di ferragosto (G.Morandi)

mercoledì 8 agosto 2007

IL FASCINO DISCRETO DEI BOLIDI


Solamente qualche anno fa quest'uomo studiava Scienze Politiche e non conosceva troppo bene i Balcani.

martedì 7 agosto 2007

NON E' VERO CHE ALADINO ARRIVA CON ALICE

Avrei detto tutt'altro. Avrei creduto che non appena avessi ripristinato internet i miei cari amici avrebbero fatto a gara per visitare le mie pagine.
Così non è.
Va bene lo stesso.
Da quando l'ultima volta aggiornai il blog sono accadute molte cose: su tutte la vincita della borsa di studio romana. E poi un nuovo lavoro estivo terribile in quel di Castel Rigone, un relais da 4 stelle dove spazzo il piazzale-metto i cuscini sulle sedie-pulisco la piscina(in superficie con il retino e sul fondo con il robottino)-lavo piatti e bicchieri-mi calo dalla finestra della camera numero 9 con una scala a pioli e raggiungo un balcone dove 300 piccioni hanno il loro nido e lì pulisco quintali di escrementi-risistemo le camere-trasporto centinaia di sedie di piano in piano-canto banana-sono comandato da un giovane rumeno-ricanto banana-dialogo in inglese alla reception con anziane coppie di francesi.
E poi? Sgarbi, col culo più grasso che abbia mai visto, che corre e stringe mani nei giardini dell'isola Polvese, mentre io e dozzini e busti siamo seduti su un'unico telo da mare e trippa si è nascosto al bar per mangiare.
Un agosto strano, innanzitutto perchè io non parto e dozzini sì, e perchè qui, oltre all'amata rigby, non ci sta un cane, e perchè focaia se ne va in mezzo all'Europa, e perchè ieri...ah sì ieri...ho firmato le dimissioni dall'Assitalia.
Grazie a Dio.

martedì 22 maggio 2007

NUOVE FRONTIERE DELL'APPROCCIO DIVINO

Quando venerdì passato sono salito sul Notturno che dalla stazione Termini mi avrebbe condotto fino in piazza Mancini, sapevo già abbastanza bene quello che mi avrebbe atteso. Se prendi un pulman dopo una certa, a Roma, il 94% dei passeggeri non somiglia minimamente al tuo vicino di casa. Perchè spesso è sballato, puzza infinitamente, indossa ciabatte da mare sfondate, non ricorda perchè è salito, sbatte violentemente la testa contro il finestrino ad ogni buca senza cacciare un grido. Io so come gestire la situazione: metto l'ipod, o leggo, o faccio entrambe le cose così da isolarmi completamente. Certo il rischio è che, immerso nel mio mondo interiore, non mi accorga dell'assassino col coltello alle mie spalle, ma, insomma...
Altra regola fondamentale: mai sedersi in fondo. Perchè come quando si andava in gita scolastica, i più casinari, i nemici del potere costituito, adorano starsene laggiù. A quei tempi, tra i bulletti sedevano anche le ragazze più fiche, ed io, ragazzino biancocadaverico e con l'occhietto vitreo, osservavo con immenso odio la scena. Oggi piaccio, però, e mi basta!.

Quindi venerdì mi son messo a metà (poco più giù, anzi) e con le spalle rivolte al senso di marcia. Posizione strategica più che buona, ma postura errata. Perchè il tipo anticonvenzionale, stando appunto in fondo, se sale non può che guardarmi in faccia. E così è andata. Un nero riccio, sui 45, capelli di un bianco finto, barba incolta, maglia grigia con cappuccio infilato. Si siede e mi accorgo che non è poi così lontano da me. Io leggo. Sembra tranquillo, ma, ripeto, non lo è. Dopo dieci secondi di silenzio, infatti, eccolo emettere la "risata dolorosa" più terribile del mondo. Un misto tra un ghigno demoniaco ed il lamento di un raccoglitore di cotone dei tempi dello zio Tom. Lo guardo di colpo per capire se sia una risata o che altro e, incredibile, non lo capisco! E' incomprensibile. Torno a leggere e lui, senza avvertire, rifà il verso. A questo punto mi guardo intorno per vedere se c'è qualcun'altro a bordo. Schiene di uomini e donne lontani. Riabbasso la testa, deciso a non sollevarla più fino al capolinea. Non devo guardarlo, mi dico, anche se lo fa di nuovo. E lui lo fa, ed io niente. Poi però sento un bisbiglio, un rumore nuovo, cantilenante: che stia dicendo a me, penso. Se sta dicendo a me (perchè continua) devo alzare lo sguardo; devo trovare il coraggio. Allora, timidamente, sollevo gli occhi blu e vedo il tizio che letteralmente sta parlando con Dio. Ha lo sguardo rivolto verso l'alto col viso leggermente piegato e nella sua lingua (probabilmente francese) sta ammiccando e lasciando intendere all'Intelligenza superiore che (e nel farlo si aiuta con le mani tenendole sollevate e strofinando i pollici contro gli indici) si potrebbero rollare una canna. Stavolta mi viene da ridere, ma, determinato a non morire, mi trattengo. Poco più in là scende, ed io torno ad ascoltare musica.

lunedì 21 maggio 2007

SQUILLINQUIETANTI

Da tre giorni casa mia è isolata. Non c'è neve, no, e non mi sono trasferito su un'isola. Abbiamo semplicemente disdetto il contratto con fastweb dopo l'ennesima bolletta incomprensibile che ci addebitava il traffico telefonico dal 28 giugno al 30 agosto 2007!. Ho chiesto a Morena: "ma che ci fanno pagare prima? non ha senso!". "Loro fanno così" ha risposto aprendo le braccia. La sera sono partito e credo che nel frattempo Albertazzio non deve averla presa molto bene, perchè in men che non si dica ha chiamato Alice. Alice, come avrete inteso anche dalla pubblicità, arriverà con Aladino. Un nuovo cordless quindi, una nuova linea adsl, ma per il momento solo il nulla. Nell'attesa nessun suono arriva dalla cornetta sollevata. Intanto Rigby ha concluso un buon affare con quelli della vodafone: trasferendo il numero tim di Marcella (sua madre) e offrendo, di fatto, un nuovo cliente all'operatore, scaglierà duecento euro da spendere in due mesi. Marcella, che non ne voleva sapere di effettuare il passaggio se non dietro guadagno, si è rabbonita quando ha saputo che le avrebbero rimborsato fino a mille euro di traffico. Io continuo ad avere tre cellulari; mentre ho scoperto che Iacopo (non Iacopaa, ma il mio compagno di corso romano) probabilmente non ne ha neppure uno. La notizia non me l'ha data lui, quindi lascio sospeso lo scoop. Ammetto, però, che per tutto sabato, giorno successivo a quello della rivelazione, l'ho osservato con una certa invidia. Poi mi sono distratto perchè dalla borsa arrivava una vibrazione sospetta.

lunedì 14 maggio 2007

DA TORINO, DOPO TORINO


Cari amici, la storia del Cottolengo è una parabola semplice: un uomo di fede dedica la sua vita ai disperati e ai diseredati della Terra e cura i loro malanni e se ne fotte della salute sua. Bene, questo beato torinese qui, è entrato nella mia vita di botto, e lo ha fatto quando Giovanni mi ha comunicato via mail l'indirizzo dell'albergo che mi avrebbe ospitato in quel di juventia. Leggo il nome (Hotel Dogana Vecchia), clicco sull'indirizzo internet e me lo vado a vedere, curioso di conoscere la quantità di stellette che lo caratterizzano e se la colazione è compresa nel pernottamento. Vedo che stà in pieno centro, che è antico, che nelle sue stanze ha dormito Verdi, riposato Mozart, copulato (forse) Napoleone Bonaparte I, e, curato la sua prima ammalata, proprio il Cottolengo. Giovanni lo sa: in treno accenniamo alla cosa. Poi in Fiera si comincia a girare per gli stand, ed io cammino solo e guardo libri e mi ritorna in testa questo nome. Quando rivedo Giovanni, lui mi racconta di aver incontrato Cobolli Gigli, ed io, penso alla foto del beato, ed al fatto che a Cobolli un po' gli assomiglia. Usciamo (son quasi le dieci) e andiamo tutti a mangiare. La stanchezza è così grande che il vino della casa ha effetti devastanti. Io e Giovanni sediamo ai capi del tavolo ed iniziamo a dargli giù peso (come faceva il Larry) sul Cottolengo e su quelle che curava e sul fatto che stava sulla sedia fermo a curare stà gente e che il vero nome di battesimo suo era Beato e che io venivo dal Cottolengo e che lui c'era stato nel Cottolengo che stava vicino alla Sicilia o nei Carpazi. Quindi usciamo e andiamo ai Murazzi, che son dei locali con la musica lungo il Pò, e continuiamo a bere e facciamo dei giochi di parole sul Cottolengo e lo infiliamo in storie improbabili insieme alle drag queen che affollano uno dei discopub in cui entriamo. E questo Cottolengo è il protagonista indiscusso delle discussioni, non solo nostre, certo, perchè i miei colleghi di corso sono letteralmente risucchiati nella cottolengomania. Fossi stato nel Beato mi sarei incazzato assai, e forse è andata proprio così, perchè io ho perso tutte le coincidenze dei treni per tornare a Perugia e ho litigato con Rigby ed ho incontrato un tizio in treno che non sapeva una sola parola di italiano e che neppure parlava, ma che ogni sei secondi mi faceva vedere il biglietto con scritto "destinazione Roma" (fin dalla partenza a Milano) con lo sguardo terrorizzato. Ogni volta ero costretto a dirgli "sì Roma", allora lui faceva "Roma?", ed io "sì Roma, ma non adesso; tra tanto" (e così dicendo ruotavo mano e braccio destro in senso orario) ed allora lui, che non aveva prenotazione come me, ma che aveva avuto il culo di restare seduto per tutto il viaggio perchè nessuno si era visto assegnare il sedile con sopra il suo numero, diceva "ah!", ma poi appena passava un controllore o una voce parlava dall'altoparlante, ricominciava col terribile interrogativo. Mentre Giovanni mi ha detto che ha dovuto comprarsi un altro biglietto per andare a Milano perchè quello che aveva non andava bene, e poi gli si è spaccato l'ipod, e ieri ha fatto un'ora di fila alle porte di Firenze, e oggi è rimasto chiuso nel bagno di un bar ed ha dovuto suonare un campanello ed è stato liberato da un cuoco argentino. Insomma, forse la vendetta è un piatto che pure i santi servono. A quanto pare, tiepido.

lunedì 16 aprile 2007

NIENTE DA CAPIRE

Dolly del mare profondo, figlia di minatori, si leva le scarpe e cammina sull'erba, insieme al figlio del figlio dei fiori. Rispose la ragazza ho tredici anni trentadue perle nella notte e se potessi ti sposerei per avere dei figli con le scarpe rotte. Io, unico figlio biondo quasi come Gesù, avevo pochi anni e vent'anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli e non li trovi più. Gesu' piccino picciò, Gesù Bambino comprato a rate, chissà se questa guerra potrà finire prima dell'estate...che la guerra è bella anche se fa male, che torneremo ancora a cantare e a farci fare l'amore, l'amore dalle infermiere. La tua casa sta in collina dr. Dobermann; sei milioni al metro quadro. E il terzo è una cagna, quasi sempre si nega, qualche volta si dà e semina i figli nel mondo. Perchè è del mondo che sono figli, i figli. E cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo. Chissà se in quei momenti ti ricordi della mia faccia, quando la notte scende e ti si gelano le braccia. Insieme visitate la notte che dicono è due anime e un letto e un tetto di capanna utile, e dolce, come ombrello teso tra la terra e il cielo. Lui ti offre la sua ultima carta il suo ultimo prezioso tentativo di stupire...ho ancora i tuoi quattri assi, bada bene, di un colore solo, li puoi nascondere o giocare come vuoi o farli rimanere buoni amici come noi. Il collega spagnolo, non vede e non sente, ma parla, del suo gallo da battaglia e della latteria. Diventa terra. Ci sta una terra di nessuno, da qualche parte del cuore, come un miraggio incastrato tra la noia e il dolore. Buonanotte, buonanotte monetina, buonanotte tra il mare e la pioggia, la tristezza passerà domattina e l'anello resterà sulla spiaggia...Santa Lucia, per tutti quelli che hanno gli occhi e un cuore, che non basta agli occhi, e per la tranquillità di chi va per mare e per ogni lacrima sul tuo vestito, per chi non ha capito. Però se un giorno tornerai da queste parti, riportami i miei occhi e il tuo fucile. E non c'è niente da capire.

domenica 15 aprile 2007

C'ERA UN CINESE IN TRENO


"Negli anni d'università, il treno mi portava, alcune volte all'anno, di notte, in sette ore, da Bucarest a Suceava e mi portava, poi, di frequente, negli anni dell'amore per Giulietta, da Ploiesti a Bucarest. Il treno mi aveva portato a Periprava, il lager di detenuti dove era finito il babbo, e nel viaggio di addio, nel 1986, ai genitori della Bucovina.[...] Lo scompartimento è pulito, ma persiste un odore di disinfettante e il lenzuolo ha una macchia sospetta. Il cuscino posto proprio sopra la ruota del vagone non promette l'anestesia della stanchezza che ha continuato a sedimentare durante la settimana bucarestina. Distendo la coperta sul lenzuolo, mi spoglio, sento freddo, mi avvolgo. Tiro le tende. Buio tratteggiato da strisce luminose. Le ruote stridono, cerco di rimanere sordo alla corsa e all'ansito della notte.
Il mostro di ferro perfora, con rumori sordi e muggiti, l'oscurita".

Il Ritorno dell'Huligano, Norman Manea.


Mentre ieri tornavo a Perugia sale un cinese. E' vestito degnamente (maglioncino cremisi su camicia chiara, pantaloni di velluto marrone, scarpe nuove o semi-nuove), ben pettinato (scriminatura a destra), senza neppure una busta di plastica o una borsa sportiva con dentro i soliti oggetti inutili da smerciare. E sorride. E annuisce. Scuote la testa su e giù, mentre la ragazza che con lui è salita alla stazione di Terni spiega alla donna seduta di fronte a loro che il poveretto si è perduto. Si è confuso ed è sceso ad Arezzo senza poi prendere la coincidenza per Perugia, sua ultima meta. Poi si rivolge ancora a lui e a voce alta, come se scandendo le parole fosse in grado addirittura di tradurle, gli spiega che ora dovrà scendere a Foligno; "a Foligno, capito?". E poi dovrà prendere un altro treno che lo porterà a Perugia. "Sì. Due treni". Scendere e salire. Lui continua ad annuire. Prova addirittura a ripetere quei suoni incomprensibili. Non ci riesce, ma sorride; forse un po' preoccupato. E' evidente che non capisce una sola parola di italiano. E allora mi chiedo come cavolo avrà fatto, lei, a capire che quello ha perso il treno e che deve andare dove deve andare. Il biglietto, penso. Le avrà mostrato senza dubbio il biglietto. Carta canta, mi dico. Ma allora come avrà fatto, lui, a farselo fare quel biglietto?. E se da quel che vedo non ha un cellulare, come avrà fatto ad avvertire chi lo aspetta a Fontivegge che è in ritardo?. Perchè qualcuno lo starà aspettando. Non posso credere il contrario. La ragazza scende e io mi rimetto le cuffie e faccio ripartire la musica. Arriviamo, infine, a Foligno. Siamo in ritardo e così mi catapulto fuori e di corsa balzo sulla coincidenza. Non lo vedo più il cinese. Chissà se sarà sceso. Certamente sì, penso: era insieme all'altra donna.
Alle 9,15 siamo a Ponte San Giovanni. Scendo e me lo ritrovo a fianco. Mi sfilo le cuffie e comincio a dirgli, con un'enfasi esagerata, di risalire. Lui risponde una cosa tipo "taka?". Io dico "sì, devi salire e scendere alla successiva fermata", "devi scendere dopo!", e quasi grido. Mi guarda interrogativo, sempre con questo cazzo di mezzo sorriso stampato. Ci sono altri ragazzi intorno. Mi chiedono se questa è la stazione di Perugia. "No!" faccio io "è la prossima. Risalite, svelti,e portatevi dietro anche lui, per favore". Una di loro mi guarda interrogativa. Io volto le spalle e scappo verso l'uscita.

mercoledì 11 aprile 2007

CORSI E RICORSI STORICI

Personalmente tifavo Roma. Nonostante il Manchester mi piacesse; nonostante quel Cristiano Ronaldo che credevo una chiavica degna del peggior Bechkam, sia, al contario, schifosamente forte. Certo che tifavo Roma! Non potevo fare altrimenti; la capitale è la mia città in fondo, e poi ci stanno Totti, Aquilani, Daniè De Rossi, Vucinic...Però poi è successo qualcosa. La maledizione catanese forse, che aspettava uno scenario simile per concretizzarsi. "Adè voglio vedè se Spalletti va negli spogliatoi a stringe la mano a quelli del Mance" sottolinea Albertazzio. E quello che è successo ha colpito tutti: me che stavo a ponte san giovanni, come trippa a ponte felcino, come dozzini e nasic a roma, come rigby (che la partita non la vedeva, ma che veniva da me aggiornata sul risultato) ad ancona. Abbiamo iniziato a ridere come matti ed a telefonarci ed a mandarci sms; eravamo in preda ad un'eccitazione inspiegabile. Ora, a mente fredda, leggo i titoli dei giornali e mi limito a sorridere. La Squadra C'è, quindici giorni fa, subiva una sorte analoga (1-10) ed il suo unico marcatore aveva un cognome pressochè identico a quello del giallorosso andato a segno all'old trafford. Chissà se negli spogliatoi Vucinic, esattamente come NonFai, avrà preso a calci una sedia di plastica gridando che queste cose succedono ogni volta che si affrontano avversari che "hanno smesso di pensà alla topa"...

lunedì 9 aprile 2007

ADJMAL NASQEBANDI

Hanno decapitato l'interprete di Mastrogiacomo.
E' un giorno molto triste.


SORPRESE VARIE


A casa mia vige ancora la regola delle uova di cioccolata. I miei le regalano a me e Cacile, io ne regalo una a Rigby che ne regala una a me; Cacile ne regala una a FerroD'Alessio che ne regala una a lei. Poi, accade, che sopra il mobile del salotto ce ne sia sempre una in più che non si sa chi ha comprato per chi, ma che, perchè c'è, viene aperta insieme alle altre. Ieri mattina tutti questi gusci neri sono stati sfondati tra le 8,25 e le 8,48 del mattino (il pranzo pasquale l'avrei consumato in Toscana dai nonni, presso il ristorante "Da Sbrana"); si trattava, in cinque casi su sei, di uova perugina (quelli dei maestri del cioccolato tanto per intenderci), delle quali due al latte e quattro fondente. Ebbene in tutte c'era lo stesso merdoso dono: un astuccetto color ruggine a forma di mezzaluna o, nel migliore dei casi, dalla struttura tubolare. In particolare, quello a mezzaluna, di dimensione maggiore, infilato nell'uovo plastificato delle sorprese da almeno dieci mesi, aveva assunto una conformazione a zig-zag impossibile da modificare. Morena ha proposto di stirarli; io di dargli fuoco. L'ho sempre detto che i migliori sono gli ovi della kinder, ma costano troppo e albertazzio non me li compra mai.

mercoledì 28 marzo 2007

...e meno male che ho l'istinto e l'abitudine, ad arginare questo vuoto di inquietudine..

lunedì 19 marzo 2007

PIOGGIA BENEFICA?

Nella capitale si festeggiava la liberazione di Mastrogiacomo e la soddisfazione tagliava trasversalmente gli schieramenti politici e le testate giornalistiche. Bene la Reuter, che da agenzia preveggente sapeva già tutto ancor prima che accadesse(?); male qualche altro, tipo Vespa, che inopinatamente, pure stasera opterà per Vallettopoli. L'Italia, intanto, è un acquitrino senza senso. Tutta questa pioggia, e la neve fin da Fabriano (mi dicono) al 20 di marzo non posso che maledirla. E domani si gioca. La squadra c'è inaugurerà i suoi playoff alle 21,30 contro quelli della Muppet. Trippa correrà da Iesi, Cavalaglio(take onion) interromperà le sue ripetizioni d'inglese, il lombo ed io abbandoneremo qualche facile trattativa, vinti non salverà il gatto di nessuna vecchina salito su chissà quale albero, focaia proverà a scattare tutto il giorno nei pochi metri del suo studio, papalini non farà che chiamare al telefono il portiere che non farà altro che non rispondere. Non fai, chissà, potrebbe rilassarsi col giardinaggio...e Roma e Ancona sono tristemente agli antipodi.

venerdì 9 marzo 2007

LA CERTEZZA DEL CONTATTO


Del mio primo bacio ricordo innanzitutto la stagione. Che era buona. Ed i primi lampioni della sera accesi. Ricordo (ma questa è più un'impressione, forse uno scherzo della memoria) un panino mangiato tra amici in un locale dove si ritrovavano ragazzi più grandi. Ed il suo nome, naturalmente, ed il colore dei capelli e l'alito buono, di gomma americana, che di certo, da quando eravamo usciti dal pub, non aveva masticato. Simona, criniera corvina, occhi neri (mi sembra), ma sì, neri. Un gruppo sparuto di cerveterani affrontavano la salita del paese che li avrebbe condotti fino alla piazza, col castello orsini, il museo orsini e la chiesa antica. Le gambe mulinavano, la testa era una risata rivolta alle mura che, tre secoli prima di Roma, avevano difeso la superiorità culturale etrusca. Ricordo il violento batticuore al pensiero di doverle mormorare che quello era il momento, che nessun altro momento sarebbe stato così giusto, che bisognava rallentare il passo per far sì che gli altri si staccassero un po', che tanto avrebbero capito e non si sarebbero neppure voltati. Questo dissi in un fiato, o perlomeno credetti di averle fatto intendere, e non so perchè fui io a scegliere il luogo, a metà ascesa. Una macelleria chiusa, con le luci proiettate dai lampioni sufficientemente lontane; un camion parcheggiato di fronte, quasi a protezione della saracinesca abbassata; ed uno spazio buono per due, dovetti pensare, e buono per due, dovette pensare lei. Forse nessuna parola nel mezzo, nello spazio di tempo necessario per assumere una posizione comoda che permettesse di restare ben piantati a terra senza barcollare. Ricordo i miei pantaloncini corti, non il colore, certo, ma il fatto che fossero corti, quello invece chiaramente, perchè in quell'angolo angusto cresceva ortica ed io la sentii mordermi un polpaccio. Ed il bacio arrivò così, come uno strano miscuglio di labbra, lingue e denti. Ricordo che mi diedi un tempo massimo e che poi, dopo, di nuovo in strada, cercai l'approvazione di lei, parlando dell'indiscutibile superiorità dell'intensità rispetto alla durata. Ci tenemmo per mano finchè non raggiungemmo gli altri e poi mangiammo un gelato. Mi diedero un cono rotto, questo me lo ricordo bene, ed i gusti sapevano di quel bacio. Quando mio padre venne a prendermi con la macchina per riportarmi a casa non dissi nulla fino al semaforo fuori dal paese. Ricordo che pensai che da quel giorno avrei potuto avere molti più segreti. Quel bacio me ne dava il diritto. Io poi con Simona non volli più avere niente a che fare. Mica lo so il perchè. Lei fu carina. Aspettò due settimane prima di mandare una sua amica da me a chiedere spiegazioni. Non ricordo cosa le dissi, ma di certo finsi.

giovedì 8 marzo 2007

PER FORTUNA IL CALCIO HA ANCORA UN SENSO


Nel giorno più bello arriva l'ufficialità: la Squadra C'è, quando ancora manca una giornata alla fine della prima fase del torneo di Lidarno (e la cosa di per sè è inspiegabile) si aggiudica la Coppa Fair Play. Un solo ammonito (quel ritardato di Vinti II) in tutte le 17 gare fin qui più o meno disputate. Una soddisfazione per il capitano NeroCava che ha così commentato: "Era dai tempi dei fasci di combattimento che non provavo un così profondo piacere".

Ma veniamo alla gara di ieri sera. Perchè pioveva dopo tanti giorni di cielo limpido. E la Squadra C'è era, come sempre, ridotta ai minimi termini. E Trippa non andava neppure tra i pali, non perchè come molti si saranno immaginati non c'entrasse, ma perchè era Papalini a finirci, reduce qual'era da una brutta influenza. Perchè c'era di fronte la compagine capolista, forte, fortissima, che scendeva giù dalla collina del Pianello (dove con ogni probabilità Cacile fu deflorata) con i sacchi, le tute e le scarpette di un ricco sponsor. Quello che è poi successo ve lo lascio immaginare....
LA SQUADRA C'E' - VECCHI TEMPI 4 - 3

Papalini 6,5:
Vestito da mimo finisce in porta e Trippa nei minuti di riscaldamento cerca di spiegargli come si fa il portiere. Lui lo ascolta ridendo e consapevole che il bue, pur di stare in campo, sacrificherebbe la grande amicizia con Moltedo. E se il vantaggio avversario nasce da un suo pasticcio, l'attenzione evidenziata nel resto della gara lo riscatta ampiamente. Quando è costretto, come in questo caso, a giocare soltanto con le mani il tasso tecnico della Squadra C'è subisce una brusca impennata.
Cava 7: Capitano-baluardo: gli avversari soffrono i suoi anticipi e lui azzecca pure qualche appoggio in avanti. Non chiama mai i compagni a raccolta nella propria aria di rigore e mostra l'intelligenza tattica di un uomo di sinistra. Vuole segnare di testa su calcio d'angolo e non fa che ricordarlo a Bozzi ogni due secondi. Un'ora dopo, alla pizzeria Manzoni, minaccia, a voce spiegata, di fare molto male alla cameriera.
Trippa 7,5: Ma come farà con tutta quella ciccia? Come farà a correre per due (beh questo non è poi strano effettivamente) rimanendo sufficientemente lucido. E poi quei suoi dribbling a zero all'ora sono ipnotici. Dice di aver spizzato la palla del primo pareggio. In realtà l'autorete è evidente. Insultato da tutti, allora, si corregge: "Nooooo! Ve lo spiego subito com'è andata: diciamo, no, che ho coperto l'avversario" A questo crediamo di più. Partita straripante, degna della sua mole.
Vinti 7: Vuole un bene dell'anima ai suoi compagni. Una persona buona ed altruista. Suo il gol partita con un diagonale perfetto, dopo la solita progressione da serie a. Un ragazzo gentile e alto. Capace di recuperare palla, perderla e rirecuperarla in meno di due secondi. Umile.
Focaia 7: La caparbietà fatta persona. Non fa che dire che è stanco, ma poi è ovunque. Fa la diagonale, blinda la fascia, scende e si propone. Ormai capisce il meccanismo del calcio a 8 perfettamente. Ruba due volte il pallone agli avversari prima di piazzare il cross, basso, forte, e all'indietro, col quale spiazza l'intera retroguardia dei Vecchi Tempi, permettendo all'accorrente Lombardi di infilare il pallone in porta. Un pestone rimediato nel finale lo costringe a giocare gli ultimi cinque minuti da punta. Incomprensibile la sua ritrosia nel far la doccia con i compagni.
Lombardi 7: Trippa sostiene che la sua prestazione dipenda da quella del suo sottoposto all'Ina. "Il Lombo gioca bene, se Bozzi gioca bene...". Chissà, forse è davvero così. Sta di fatto che è lucido, determinato e preciso. Non tiene troppo la palla e va spesso al tiro. Realizza la rete del momentaneo 2-1 con una grande incursione centrale. Rimedia pure un calcione che lo fa incazzare di brutto: "La botta l'ho presa" dice "ma quello non me lo dimentico".
NonFai 7: Ma perchè non segna? Gli manca ancora una certa cattiveria sotto porta, probabilmente. Per il resto svolge egregiamente il ruolo di ultimo baluardo offensivo. Pivot preciso, fa valere la sua stazza fenicottera. Stà pure imparando un po' di perugino: 'raggeta' e 'gilleta' sono termini che ormai conosce bene.
Bozzi 8: Parte male, come solo lui sa fare. Tanto male da essere stramaledetto da tutti i compagni. Ma si tratta di cinque minuti: al primo numero che gli riesce prende fiducia e sforna una delle gare più straordinarie del torneo. "Stasera gioco solo di fino" rivela a Trippa in chiusura primo tempo. E mantiene la promessa. Fa impazzire gli avversari, imposta, difende palla e segna un gran gol su punizione. Il Cava dichiarerà a fine partita: "E' il miglior giocatore del centro Italia".

sabato 3 marzo 2007

DIASPORE


L'importante è non farsi prendere dal panico. Basta capire che le situazioni cambiano, che le necessità non possono essere sempre le stesse, che il tempo passa.
Passa per Cacile, che dà l'addio alla match point per la più significativa esperienza da tirocinante alla farmacia Galeno. L'aspettano 750 ore. Uno sproposito. Ha affermato che ora dovrà risparmiare e per farlo è disposta a pranzare all'università con dei panini portati da casa: "Userò il panbauletto che resta più morbido" specifica.
Passa per Gozzy, che adesso più che mai è de Roma, che gira pè Roma, che passa il fine settimana a Roma con la Chiara, che gioca a calcetto in qualche campo de Roma, che impara il dialetto de'a Capitale.
Passa per Focaia, che prima è timido; poi è timido, ma inizia ad imitare, per la gioia dei suoi compagni di vacanza riminesi, la voce di Bubu; poi comincia a sfasciarsi d'alcool; quindi importuna tutte le donne; infine, esce con quelle stesse donne di sabato, e se ne frega degli amici.
Passa per il Pampa, e grazie a Dio passa in fretta, perchè non ne può più di gesso e stampelle e di somigliare a Hugh Laurie.
Passa per Trippa, che trascorre due notti a Bologna in compagnia di Sternardi, pagandone soltanto una, a far l'amore ed a chiedersi come mai quando c'era andato lui, a Roma, la gente aveva storto il naso, e invece adesso che ci vanno tutti gli altri, deve accettare insulse manifestazioni d'entusiasmo.
Passa per il Meuri, che vede i suoi amici invecchiare e perdere colpi.
Passa per Rigby, che si trasferisce per appena 5 anni a Springfield affermando di "non temere una nuova Cernobyl".
Passa per il sottoscritto, che dal 15 marzo prossimo tornerà a vivere sulla Cassia, a poche centinaia di metri dalla casa in cui ha trascorso i primi tre anni della sua esistenza. Lungo quella via, nei primi mesi del 1978, l'alfa giulia dei miei genitori veniva fermata da una pattuglia di carabinieri che gli chiedevano di accostare e fermarsi. Erano i giorni del sequestro Moro. Io me ne stavo nella culla sul sedile posteriore. Mio padre scendeva, mostrava i documenti e la patente, mentre Morena era costretta a prendermi in braccio per dimostrare di non nascondere una pistola sotto il cuscino e la copertina del pupo.

giovedì 1 marzo 2007

A RUOTA LIBERA


Non ritrovo più i miei occhiali da vista. Credevo d'averli lasciati nel cruscotto della macchina, ma mi sbagliavo. Poi li ho cercati in camera, ma nulla. Spariti! Stasera, in occasione del compleanno d'Emilia, rivedrò finalmente il vecchio Pampa, e quell'idiota de Focaia e quello lì che è il Meuri, accompagnato dalla rientrante Rigby. Insomma più di un'emozione, prevedo. Intanto è sì. Al Senato, dove tutto era cominciato, si esaurisce la settimana di passione. Un 162 che va oltre ogni più rosea previsione (avrei detto 161, sul senatore all'estero non ci contavo) e che mi permette di godere, senza stare a sbandierarlo, ma di godere. E non attaccano le lamentele della destra che per bocca di renatuccio Schifani parla di governo "nato morto" evidentemente confondendolo col toupet del suo leader maximo, nè tantomento le accuse di trasformismo rivolte a certi senatori. Insomma, De Gregorio ce lo siamo scordati? Perchè, in realtà, tutto va bene purchè non si tratti di Silvio Berlusconi. E non è accanimento questo, ed è vero che la sinistra sa essere unita soltanto quando si tratta di prendersela con lui. Perchè Berlusconi sta alla politica come Danilo Coppola sta al mondo immobiliare. A proposito, ma avete visto che capelli ha quell'uomo? Cioè, su di lui non si doveva neppure indagare; sarebbe bastato osservarlo. Sembra, peraltro, che non l'abbiano arrestato per il buco da 130 milioni di euro, ma a causa di una microspia che aveva infilato (chissà come poi) nel cellulare della sua ragazza e grazie alla quale poteva ascoltarne le conversazioni telefoniche con uomini dalla pettinatura normale. Intanto la città eterna mi adotta, e lo fa ufficialmente con una e-mail stringata. Dozzini mi fa soffrire la risposta chiudendomi la conversazione telefonica ("devo da fare" dice in romanesco) e raccomandandomi, appunto, il mezzo internet. L'ho detto quasi a tutti, del resto. Resta Trippa, ma con lui conto di farlo faccia a faccia di fronte ad una pizza riparatrice. Intanto segnalo l'uscita di "Borat" e vi invito a venirlo a vedere insieme al sottoscritto. Per "Shooting Silvio" e "Death of a President" c'è sempre tempo.

mercoledì 28 febbraio 2007

SPODESTIAMO LA TARANTA


" La paranza è una danza che si balla nella latitanza
con prudenza e eleganza
e con un lento movimento de panza.
Così da Genova puoi scendere a Cosenza
come da Brindisi salire su in Brianza
uno di Cogne andrà a Taormina in prima istanza
uno di Trapani ? Forse Provenza... "

domenica 25 febbraio 2007

LA NOTTE PIU' LUNGA


A Los Angeles è quasi tutto pronto. E nonostante gli esperti si affrettino a sottolineare che nessuna indiscrezione sia ancora trapelata, la lotta per la statuetta del miglior film sembra ristretta a due titoli. Con ogni probabilità, proprio come due anni fa, saranno Eastwood e Scorsese a confrontarsi. Anche il balletto dei pronostici sembra coincidere: regista italoamericano strafavorito, quindi inversione di tendenza, e probabilità crescenti per l'ex cowboy leonino. Due pellicole straordinarie del resto, poetiche e potenti allo stesso tempo. E, per una volta, tanto vicine l'una all'altra. Se Million Dollar Baby e The Aviator differivano per temi trattati, genere e impatto sociale, al contrario, Letters from Iwo Jima e The Departed, mostrano evidenti somiglianze, finendo per intrecciarsi tra di loro. Allora tifai Scorsese, non soltanto perchè dopo trent'anni di duro lavoro un riconoscimento simile lo trovavo doveroso, ma anche per quella sua tenace volontà di porsi ai margini dello star system e fuori dagli schemi. Antipatico agli occhi degli antipatici. Avesse vinto, ne ero certo, avrei provato addirittura un sollievo politico: in nessun paese come negli Stati Uniti, infatti il termometro del malessere pubblico coincide con i malumori degli ambienti destinati a produrre cultura. Ma se The Departed, coi suoi gangsters ironici e i suoi poliziotti stronzi, sconvolge la classica dicotomia buoni/cattivi togliendo allo spettatore la certezza di stare parteggiando per qualcuno, Eastwood va addirittura oltre, e gira due film differenti col solo scopo di mostrare l'assurdità della guerra, da qualunque parte la si guardi. Ad entrambi va il mio in bocca al lupo.

Ci sarà anche Al Gore, che oltre a consegnare un riconoscimento, dovrebbe calcare il palcoscenico anche nel ruolo di premiato: la sua verità scomoda è il titolo favorito per la categoria documentario. Non dovesse farcela sarebbe uno scandalo. Una presenza, quella di Gore, che per alcuni analisti anticiperebbe una sua ricandidatura alla Casa Bianca nelle presidenziali del 2008.

Resta l'oscar alla carriera al nostro Ennio Morricone, quello per il miglior attore protagonista (speriamo!) ad un Di Caprio ormai disintossicato dalle scorie titaniche, quello per la miglior attrice protagonista che spero vivamente non finisca nelle mani dell'odiosa Queen Mirren. Senza conunque dimenticare, come insegna Rigby puntandomi il dito contro, che quel che conta è esser candidati.

sabato 24 febbraio 2007

FUORI CONTROLLO

Qualche anno fa Trippa si sedeva di fronte a noi in sala mensa e snocciolava le sue cifre interiori. Aveva fatto un prelievo di sangue qualche giorno prima ed i risultati erano sconfortanti. Trippa era un uomo che rischiava proporzionalmente alla sua stazza, ovvero grosso: lo spuntino notturno a base di crackers, salame e maionese gli si stava rivoltando contro. Allora, Matteo Tacconi toccava quota 320 di trigliceridi; praticamente il doppio del limite massimo. Ci preoccupammo, io e Giovanni soprattutto, e cercammo insieme una soluzione all'ingombrante problema senza trovarne però nessuna che non avesse come controindicazione la morte del soggetto. Matteo aveva gli occhi più spenti del solito e sembrava preoccupato. Ricordo che quel giorno rinunciò al rulade postprandiale di scienze politiche tra lo stupore non solo nostro, ma dell'intero ateneo. Ma si sa come vanno certe cose. Se si lascia passare qualche giorno, ci si concentra un po' sullo studio, si appallottola, si dà fuoco e si gettano i residui carbonizzati del foglio della discordia in un tritarifiuti, scoprendosi magari, nel frattempo, grandi estimatori dei balcani, certi timori svaniscono e si può riprendere la vita di sempre. Così mi capitava di parlare con Trippa chiedendogli se stesse facendo qualche cura, se stesse più attento a quel che mangiava, se avesse già fissato un successivo controllo. All'inizio lui scrollava le spalle, infine diceva "non me frega un cazzo" e scoppiava a ridere e diceva che aveva fame. Io avevo paura. Oggi, invece, devo ammettere che Matteo aveva ragione. Nonostante si sfasci dalla mattina alla sera le sue recenti analisi del sangue lo vedono poco al di sopra della soglia massima: 180. "Sono appena sopra" mi spiega "pensa che cavalaglio aveva 400!". Quando vedo il cava, gli chiedo se è vero, e pure lui ride e dice che è così. Penso che forse i trigliceridi sono composti di ossido di azoto e abbiano il potere di rilasciare nell'organismo gas esilarante. Poi ieri sera vado a cena da rigby e mentre addento un pezzo di salsiccia sento suo padre dire: "La moglie di un mio caro amico ha fatto le analisi del sangue ed aveva i valori dei trigliceridi totalmente sballati". Lo guardo incuriosito e cercando di abbozzare un sorriso affinchè non pensi che io credo si tratti di un argomento delicato, domando, "Sballati quanto?". "Li aveva a 2000". Quasi sputo il boccone perchè stavolta mi vien proprio da ridere, ma lui mi guarda serio e fa:"Non è mica uno scherzo. E' a rischio pancreatite". Non so esattamente di cosa si tratti, ma capisco che è qualcosa di grave. Sento che il padre di rigby è contrariato e sono sicuro che sta pensando a quanto è stupido il ragazzo dè sù fia.

mercoledì 21 febbraio 2007

CADENDO


Nella puntata speciale di Ballarò c'è Crozza e mi fa ridere: dice che Berlusconi per festeggiare il crollo del governo al senato si è strappato 25.000 euro di capelli ed ha acceso il suo vulcano personale. L'hanno visto pure dal satellite. C'è anche Violante, con la faccia da funerale, e alcuni dei peggiori rappresentanti del centrodestra, primo tra tutti l'onorevole Schifani. Parlano di politica estera senza minimamente approfondire il tema. Si vede che l'interesse è per i sondaggi, per quello che di qui a poche settimane potrebbe accadere. Ed il sondaggio arriva: cdl avanti. Boselli dice che in un giorno come questo "è inevitabile". Ma quale sarà la cdl del futuro? Ed il prossimo centrosinistra, se mai ne esisterà un altro? Ed il futuro centro? L'Italia è quel che è. Da sessant'anni sempre uguale a se stessa. E allora penso che Silvio avrà l'ennesima chance di prendere per il culo l'intero paese, che Casini e Rutelli finiranno insieme abbracciati sotto la finestra di Benedetto, che l'estrema sinistra, proprio come l'estrema destra, non avrà mai un futuro nella legalità o sui banchi parlamentari. Ed è giusto così, perchè questo pensiero di sinistra è sempre più rozzo, sempre più infarcito di slogan nonsense contro tutto e tutti. Dispiace soltanto dover annotare come la bella manifestazione di vicenza contro l'allargamento della base usa sia stata ancora una volta strumentalizzata. Dispiace che nel 2007 sia ancora Andreotti a decidere il destino dell'amata penisola. Dispiace che i prossimi governanti dello stivale, ignari del significato della parola democrazia, non abbiano ancora compreso che scendere in piazza per esprimere opinioni differenti da quelle prese dalla propria maggioranza, sia soprattutto un segno di vita. Presto torneremo un borgo medievale a stelle e strisce.