martedì 22 maggio 2007

NUOVE FRONTIERE DELL'APPROCCIO DIVINO

Quando venerdì passato sono salito sul Notturno che dalla stazione Termini mi avrebbe condotto fino in piazza Mancini, sapevo già abbastanza bene quello che mi avrebbe atteso. Se prendi un pulman dopo una certa, a Roma, il 94% dei passeggeri non somiglia minimamente al tuo vicino di casa. Perchè spesso è sballato, puzza infinitamente, indossa ciabatte da mare sfondate, non ricorda perchè è salito, sbatte violentemente la testa contro il finestrino ad ogni buca senza cacciare un grido. Io so come gestire la situazione: metto l'ipod, o leggo, o faccio entrambe le cose così da isolarmi completamente. Certo il rischio è che, immerso nel mio mondo interiore, non mi accorga dell'assassino col coltello alle mie spalle, ma, insomma...
Altra regola fondamentale: mai sedersi in fondo. Perchè come quando si andava in gita scolastica, i più casinari, i nemici del potere costituito, adorano starsene laggiù. A quei tempi, tra i bulletti sedevano anche le ragazze più fiche, ed io, ragazzino biancocadaverico e con l'occhietto vitreo, osservavo con immenso odio la scena. Oggi piaccio, però, e mi basta!.

Quindi venerdì mi son messo a metà (poco più giù, anzi) e con le spalle rivolte al senso di marcia. Posizione strategica più che buona, ma postura errata. Perchè il tipo anticonvenzionale, stando appunto in fondo, se sale non può che guardarmi in faccia. E così è andata. Un nero riccio, sui 45, capelli di un bianco finto, barba incolta, maglia grigia con cappuccio infilato. Si siede e mi accorgo che non è poi così lontano da me. Io leggo. Sembra tranquillo, ma, ripeto, non lo è. Dopo dieci secondi di silenzio, infatti, eccolo emettere la "risata dolorosa" più terribile del mondo. Un misto tra un ghigno demoniaco ed il lamento di un raccoglitore di cotone dei tempi dello zio Tom. Lo guardo di colpo per capire se sia una risata o che altro e, incredibile, non lo capisco! E' incomprensibile. Torno a leggere e lui, senza avvertire, rifà il verso. A questo punto mi guardo intorno per vedere se c'è qualcun'altro a bordo. Schiene di uomini e donne lontani. Riabbasso la testa, deciso a non sollevarla più fino al capolinea. Non devo guardarlo, mi dico, anche se lo fa di nuovo. E lui lo fa, ed io niente. Poi però sento un bisbiglio, un rumore nuovo, cantilenante: che stia dicendo a me, penso. Se sta dicendo a me (perchè continua) devo alzare lo sguardo; devo trovare il coraggio. Allora, timidamente, sollevo gli occhi blu e vedo il tizio che letteralmente sta parlando con Dio. Ha lo sguardo rivolto verso l'alto col viso leggermente piegato e nella sua lingua (probabilmente francese) sta ammiccando e lasciando intendere all'Intelligenza superiore che (e nel farlo si aiuta con le mani tenendole sollevate e strofinando i pollici contro gli indici) si potrebbero rollare una canna. Stavolta mi viene da ridere, ma, determinato a non morire, mi trattengo. Poco più in là scende, ed io torno ad ascoltare musica.

3 commenti:

Federico ha detto...

daglie...scrivi più Marina

Personaggio Narrante ha detto...

oh, ma se morto?

Anonimo ha detto...

CHIUDI!!