lunedì 16 aprile 2007

NIENTE DA CAPIRE

Dolly del mare profondo, figlia di minatori, si leva le scarpe e cammina sull'erba, insieme al figlio del figlio dei fiori. Rispose la ragazza ho tredici anni trentadue perle nella notte e se potessi ti sposerei per avere dei figli con le scarpe rotte. Io, unico figlio biondo quasi come Gesù, avevo pochi anni e vent'anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli e non li trovi più. Gesu' piccino picciò, Gesù Bambino comprato a rate, chissà se questa guerra potrà finire prima dell'estate...che la guerra è bella anche se fa male, che torneremo ancora a cantare e a farci fare l'amore, l'amore dalle infermiere. La tua casa sta in collina dr. Dobermann; sei milioni al metro quadro. E il terzo è una cagna, quasi sempre si nega, qualche volta si dà e semina i figli nel mondo. Perchè è del mondo che sono figli, i figli. E cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo. Chissà se in quei momenti ti ricordi della mia faccia, quando la notte scende e ti si gelano le braccia. Insieme visitate la notte che dicono è due anime e un letto e un tetto di capanna utile, e dolce, come ombrello teso tra la terra e il cielo. Lui ti offre la sua ultima carta il suo ultimo prezioso tentativo di stupire...ho ancora i tuoi quattri assi, bada bene, di un colore solo, li puoi nascondere o giocare come vuoi o farli rimanere buoni amici come noi. Il collega spagnolo, non vede e non sente, ma parla, del suo gallo da battaglia e della latteria. Diventa terra. Ci sta una terra di nessuno, da qualche parte del cuore, come un miraggio incastrato tra la noia e il dolore. Buonanotte, buonanotte monetina, buonanotte tra il mare e la pioggia, la tristezza passerà domattina e l'anello resterà sulla spiaggia...Santa Lucia, per tutti quelli che hanno gli occhi e un cuore, che non basta agli occhi, e per la tranquillità di chi va per mare e per ogni lacrima sul tuo vestito, per chi non ha capito. Però se un giorno tornerai da queste parti, riportami i miei occhi e il tuo fucile. E non c'è niente da capire.

domenica 15 aprile 2007

C'ERA UN CINESE IN TRENO


"Negli anni d'università, il treno mi portava, alcune volte all'anno, di notte, in sette ore, da Bucarest a Suceava e mi portava, poi, di frequente, negli anni dell'amore per Giulietta, da Ploiesti a Bucarest. Il treno mi aveva portato a Periprava, il lager di detenuti dove era finito il babbo, e nel viaggio di addio, nel 1986, ai genitori della Bucovina.[...] Lo scompartimento è pulito, ma persiste un odore di disinfettante e il lenzuolo ha una macchia sospetta. Il cuscino posto proprio sopra la ruota del vagone non promette l'anestesia della stanchezza che ha continuato a sedimentare durante la settimana bucarestina. Distendo la coperta sul lenzuolo, mi spoglio, sento freddo, mi avvolgo. Tiro le tende. Buio tratteggiato da strisce luminose. Le ruote stridono, cerco di rimanere sordo alla corsa e all'ansito della notte.
Il mostro di ferro perfora, con rumori sordi e muggiti, l'oscurita".

Il Ritorno dell'Huligano, Norman Manea.


Mentre ieri tornavo a Perugia sale un cinese. E' vestito degnamente (maglioncino cremisi su camicia chiara, pantaloni di velluto marrone, scarpe nuove o semi-nuove), ben pettinato (scriminatura a destra), senza neppure una busta di plastica o una borsa sportiva con dentro i soliti oggetti inutili da smerciare. E sorride. E annuisce. Scuote la testa su e giù, mentre la ragazza che con lui è salita alla stazione di Terni spiega alla donna seduta di fronte a loro che il poveretto si è perduto. Si è confuso ed è sceso ad Arezzo senza poi prendere la coincidenza per Perugia, sua ultima meta. Poi si rivolge ancora a lui e a voce alta, come se scandendo le parole fosse in grado addirittura di tradurle, gli spiega che ora dovrà scendere a Foligno; "a Foligno, capito?". E poi dovrà prendere un altro treno che lo porterà a Perugia. "Sì. Due treni". Scendere e salire. Lui continua ad annuire. Prova addirittura a ripetere quei suoni incomprensibili. Non ci riesce, ma sorride; forse un po' preoccupato. E' evidente che non capisce una sola parola di italiano. E allora mi chiedo come cavolo avrà fatto, lei, a capire che quello ha perso il treno e che deve andare dove deve andare. Il biglietto, penso. Le avrà mostrato senza dubbio il biglietto. Carta canta, mi dico. Ma allora come avrà fatto, lui, a farselo fare quel biglietto?. E se da quel che vedo non ha un cellulare, come avrà fatto ad avvertire chi lo aspetta a Fontivegge che è in ritardo?. Perchè qualcuno lo starà aspettando. Non posso credere il contrario. La ragazza scende e io mi rimetto le cuffie e faccio ripartire la musica. Arriviamo, infine, a Foligno. Siamo in ritardo e così mi catapulto fuori e di corsa balzo sulla coincidenza. Non lo vedo più il cinese. Chissà se sarà sceso. Certamente sì, penso: era insieme all'altra donna.
Alle 9,15 siamo a Ponte San Giovanni. Scendo e me lo ritrovo a fianco. Mi sfilo le cuffie e comincio a dirgli, con un'enfasi esagerata, di risalire. Lui risponde una cosa tipo "taka?". Io dico "sì, devi salire e scendere alla successiva fermata", "devi scendere dopo!", e quasi grido. Mi guarda interrogativo, sempre con questo cazzo di mezzo sorriso stampato. Ci sono altri ragazzi intorno. Mi chiedono se questa è la stazione di Perugia. "No!" faccio io "è la prossima. Risalite, svelti,e portatevi dietro anche lui, per favore". Una di loro mi guarda interrogativa. Io volto le spalle e scappo verso l'uscita.

mercoledì 11 aprile 2007

CORSI E RICORSI STORICI

Personalmente tifavo Roma. Nonostante il Manchester mi piacesse; nonostante quel Cristiano Ronaldo che credevo una chiavica degna del peggior Bechkam, sia, al contario, schifosamente forte. Certo che tifavo Roma! Non potevo fare altrimenti; la capitale è la mia città in fondo, e poi ci stanno Totti, Aquilani, Daniè De Rossi, Vucinic...Però poi è successo qualcosa. La maledizione catanese forse, che aspettava uno scenario simile per concretizzarsi. "Adè voglio vedè se Spalletti va negli spogliatoi a stringe la mano a quelli del Mance" sottolinea Albertazzio. E quello che è successo ha colpito tutti: me che stavo a ponte san giovanni, come trippa a ponte felcino, come dozzini e nasic a roma, come rigby (che la partita non la vedeva, ma che veniva da me aggiornata sul risultato) ad ancona. Abbiamo iniziato a ridere come matti ed a telefonarci ed a mandarci sms; eravamo in preda ad un'eccitazione inspiegabile. Ora, a mente fredda, leggo i titoli dei giornali e mi limito a sorridere. La Squadra C'è, quindici giorni fa, subiva una sorte analoga (1-10) ed il suo unico marcatore aveva un cognome pressochè identico a quello del giallorosso andato a segno all'old trafford. Chissà se negli spogliatoi Vucinic, esattamente come NonFai, avrà preso a calci una sedia di plastica gridando che queste cose succedono ogni volta che si affrontano avversari che "hanno smesso di pensà alla topa"...

lunedì 9 aprile 2007

ADJMAL NASQEBANDI

Hanno decapitato l'interprete di Mastrogiacomo.
E' un giorno molto triste.


SORPRESE VARIE


A casa mia vige ancora la regola delle uova di cioccolata. I miei le regalano a me e Cacile, io ne regalo una a Rigby che ne regala una a me; Cacile ne regala una a FerroD'Alessio che ne regala una a lei. Poi, accade, che sopra il mobile del salotto ce ne sia sempre una in più che non si sa chi ha comprato per chi, ma che, perchè c'è, viene aperta insieme alle altre. Ieri mattina tutti questi gusci neri sono stati sfondati tra le 8,25 e le 8,48 del mattino (il pranzo pasquale l'avrei consumato in Toscana dai nonni, presso il ristorante "Da Sbrana"); si trattava, in cinque casi su sei, di uova perugina (quelli dei maestri del cioccolato tanto per intenderci), delle quali due al latte e quattro fondente. Ebbene in tutte c'era lo stesso merdoso dono: un astuccetto color ruggine a forma di mezzaluna o, nel migliore dei casi, dalla struttura tubolare. In particolare, quello a mezzaluna, di dimensione maggiore, infilato nell'uovo plastificato delle sorprese da almeno dieci mesi, aveva assunto una conformazione a zig-zag impossibile da modificare. Morena ha proposto di stirarli; io di dargli fuoco. L'ho sempre detto che i migliori sono gli ovi della kinder, ma costano troppo e albertazzio non me li compra mai.