venerdì 26 ottobre 2007

OGGI ESCE PES 7. E BASTA.

giovedì 25 ottobre 2007

SONO UNA MINORANZA ETNICA

Oggi mi sono svegliato tardi. Mi lavo e faccio colazione. Esco in tutta fretta. Poco prima mi ero affacciato dalla finestra del salotto e il cielo sembrava sereno. In fondo all'ascensore, fuori dal portone del palazzo, non era più così. Allora risalgo e prendo l'ombrello - e perdo altro tempo. Esco di nuovo e mi avvio a passo spedito verso la fermata del tram. Infilo la mano nella tasca dei jeans e mi rendo conto di non avere più biglietti. Attraverso in tutta fretta la strada e raggiungo l'edicola. Lì i biglietti ce li ha sempre. Lì, stamattina, niente biglietti. Va bene, mi dico. Sei in ritardo e tra poco piove, che ti frega del biglietto, il controllore non passa mai e comunque ti metti in fondo, magari resti in piedi pronto a saltare giù. Certo, faccio così. Non ho alternative. Non voglio alternative. Arriva il 14 e vado. A circa 5/6 fermate da Termini c'è la fermata di Porta Maggiore. Qui c'è la rimessa dei tram e tutti gli uffici del personale addetto. Qui la presenza di controllori è possibile. E infatti eccoli. Stamattina non ho il biglietto ed eccoli naturalmente. La cosa divertente è che non sono uno o due, ma almeno una decina. Una specie di gita scolastica dei controllori che in fila indiana si apprestano a salire sul mio mezzo. Per la precisione, dal fondo del mio mezzo, dove appunto sono io. Allora che faccio? Ovviamente scendo, con noncuranza infilo gli scalini mentre loro diligentemente li salgono. Li incrocio. Ma non sono l'unico ad optare per il marciapiede: il cinese al mio fianco e i due zingari che avevo davanti sono nella mia stessa situazione, non hanno biglietto e naturalmente scendono con me. Uno dei controllori (presumibilmente il terzo della fila) comincia a parlare ad alta voce, a contarci: "Eccoli guardate: uno (il cinese), due (la ragazza zingara), tre (il ragazzo zingaro) e quattro (io)...meglio così, c'è più posto per noi". Io infilo le mani in tasca e vedo il tram ripartire. Poi guardo quei tre e mi sento emigrante.

venerdì 19 ottobre 2007

ANNI SETTANTA PER MODO DI DIRE



Ci sono groupie e groupie. Ho questo libro tra le mani (le bozze di questo libro) di Pamela Des Barres e pian piano scopro questo mondo assurdo che per almeno due decenni ha riempito i backstage dei concerti delle band di tutto il mondo. Leggo Di Jimmy Page e Robert Plant, di Clapton e Bowie, di Iggy Pop e dei Guns. E di tutte quelle ragazzine di neppure sedici anni che fuggivano di casa per far la posta alle rockstar fuori dall'albergo, che si infilavano negli ascensori per andare a bussare alla porta di qualche cantante, che facevano a cazzotti per stare in prima fila. E che trombavano col dio-del-rock di turno. Che trombavano o facevano pompini, per l'esattezza. Perchè sembra che una cosa escludesse l'altra, che ci fossero proprio due diverse scuole di pensiero. Ragazzine che si calavano qualsiasi acido, che ci davano giù di coca, che, come Cynthia Plaster Caster, facevano calchi di cazzi e palle famosi...(provate a visitare il suo sito www.cynthiaplastercaster.com). Un delirio, una follia. In fondo si tratta degli anni Settanta, dei giorni in cui i nostri babbi e le nostre mamme si conoscevano, o conoscevano qualcun altro, in balera o sulla rotonda sul mare più vicina. Ballavano, loro, sulle note scatenate di Celentano, dei Dik Dik, dei Camaleonti, si emozionavano per le rime struggenti di Baglioni e Battisti. E forse si facevano qualche spinello. Difficile immaginare Gianni Morandi che si porta una squinzia in camerino e si chiude con lei in bagno: al massimo avrebbe potuto offrirle un bicchiere di latte al bar dello sport più vicino. Certo, Mal con quegli occhioni blu si sarà tolto qualche soddisfazione, e senza dubbio il vecchio Claudio avrà rimorchiato sulla sua Camilla ben più di qualche inglesina suscettibile. Per non parlare di Amedeo Minghi, con quel codino viscido, o Califano. Ecco Califano, sì. Si faceva, trombava, senza ritegno. Ma era uno, faceva parte di una minoranza. E infatti è l'unico cantante ultrasessantenne che non fa che cadere continuamente senza motivo, mentre l'amico Jagger continua a sbattersi sul palco. Questione di stile... Insomma, il nostro era un mondo molto diverso. I Rolling Stones riempivano le arene mentre Don Bachy si spretava per amore della musica.

Ho bisogno di vederti di persona perchè non sto mai così bene come quando ci sei tu. Io riesco a vedere me stesso quando mi guardi.

Russell Hammond a
Penny Lane in QUASI FAMOSI

martedì 16 ottobre 2007

COLLANE HAWAIANE




Titolo originale: "Fantasy Island". Telefilm che andava in onda su Canale 5 e Rete 4 negli anni Ottanta.
Il signor Roarke (Ricardo Montalban) insieme al nano Tattoo (Hervé Villechaize) gestiscono una magnifica isola per le vacanze, chiamata Fantasilandia (fantasy island). Pagando una quota di 50000 dollari era possibile veder realizzato un qualsiasi sogno o rivivere il proprio passato.


Adesso ve lo ricordate? Avrò cercato di spiegarvelo in cento modi, ma continuavate a dire che stavo parlando di Love Boat o, peggio, delle Charlie's Angels o di Magnum P.I..
Sembra che il nano si sia tolto la vita nel 1993. Secondo Dozzini gettandosi dall'omino che lo tiene in collo.

sabato 13 ottobre 2007

CARTOON NETWORK



Shiro alias Giacchè








Semola di nome e di fatto








Tonzula alias Cagnini (è quello in mezzo in basso) (Yattaman)








Peter Griffin alias Trippa








The Monkey alias Dozzini mistico








Poseidone alias Meuri (Pollon)








Gonzo alias Nasic (The Muppets)








Nel Flanders alias Go








Barney alias Focaia








Sanae Nakazawa alias Rigby, la tifosa innamorata di Holly








Abel alias Bozzi (Georgie)









Tonzula alias Cagnini, in compagnia di Ciccio e la Chiarina









Bruce Harper alias Dozzini mentre gioca a calcetto (Holly e Benjie)









Johnny Bravo alias Iacopo











Shaggy alias Paui (Scooby-Doo)










Boyakki alias Ciccio (Yattaman)

giovedì 11 ottobre 2007

IN BIANCO E NERO








Forse avete già visto 8 e 1/2. Forse vi sarà già capitato di assistere alla straordinaria scena in cui Mastroianni, frusta in mano, si impegna a tenere a bada tutte quante le donne della sua vita, e forse, avrete assistito al macabro girotondo finale dei non vivi, accompagnato dalla vivace litania di nino rota. Chissà, di certo non avrete mai visto il colore corvino dei capelli della Saraghina, il bianco candore delle vesti delle donne e degli uomini che popolano "il parco dell'acqua", il rosso e il nero del pesante trucco di Sandra Milo, l'oscurità profonda della notte in cui Guido fugge via per incontrare, infine, la personificazione della sua musa ispiratrice (un'eterea Claudia Cardinale). Oggi sono sbucate fuori un centinaio di foto (che si credevano perdute) scattate sui set del capolavoro felliniano e, udite, udite, sono a colori. Per ammirarle dovrete solo recarvi al museo Fellini di Rimini o alla mostra a lui (e ai suoi disegni/deliri notturni) dedicata, nell'ambito del Festival del Cinema di Roma. Le foto sono belle, bellissime, una delizia per gli occhi, un'occasione in più per cogliere la vitalità di un autore per il quale i simboli e i sottintesi, spesso contavano più dei dialoghi. Eppure, guardandole, non posso fare a meno di pensare che 8 e 1/2 (il titolo rispecchia la condizione di Fellini al momento in cui stava girando: aveva fino ad allora fatto proprio 8 film più un episodio dei tre ispirati ai racconti di Poe in "Tre passi nel delirio") non sarebbe mai stato 8 e 1/2 se fosse stato fatto a colori. E' un discorso che vale per molte pellicole (mi vengono in mente Frankenstein Junior, o il più recente, Good Night and Good Luck), ma che in questo caso ha un significato ulteriore. Fellini aveva attraversato una crisi di ispirazione e aveva pensato bene di fare un film sull'unico argomento al quale in quel momento riusciva a dedicarsi: la sua stessa crisi, appunto. Fare un film su di sè, su quello che era stato fino ad allora e ancora prima, sui suoi sogni di ragazzo, sui suoi ricordi e sulle persone care che avevano popolato la sua esistenza. Un film sul passato che avrebbe dovuto proiettarlo nel futuro. Per questo il bianco-e-nero era necessario. Perchè quello a cui rimandava era preistoria oppure attualità nebulosa. Dunque andate alla mostra e, se non lo avete ancora fatto, guardate il film. E apprezzate i suoi due unici colori, perchè, come pensava Chaplin, "l'interazione tra luce e ombra è parte integrante dell'estetica cinematografica".

martedì 9 ottobre 2007

A VOLTE RITORNANO

Il mio padrone di casa credeva mi chiamassi Stefano. Ne era tanto convinto da aver richiamato una seconda volta i miei coinquilini per assicurarsi che da un mese all'altro non avessero cambiato la compagnia di casa. "Dopo essere stato tranquillizzato - mi raccontavano Lorenzo e Chiara (i due fratelli che dividono la stanza più grande del mio appartamento) -, siccome è un po' smemorato, ci ha chiesto di dargli pure una rinfrescatina dei cognomi". Insomma, doveva mettere i nostri nomi sulla cassetta della posta. "E allora glieli abbiamo detti: Simone Rossi, Lorenzo Parisi, Chiara Parisi...". Scusate, ma ho sentito bene? Cioè questa quà si chiama Chiara Parisi. Cioè io trovo una casa in una via di una città immensa come Roma e la mia coinquilina donna si chiama Chiara Parisi. Cazzo, Chiara Parisi, mica Cinzia Ciccocioppo. Mica Paolella Bagnailcane. Mica MIkaela Brodokillinucciarustichellaepezzindetorta. No! Chiara Parisi. Rido con i ragazzi che mi hanno visto sbiancare. Li saluto ed esco. Dopo qualche minuto squilla il cellulare. Un numero che non conosco, rispondo. "Ciao Simò come stai?". Cazzo è la Chiarina. Cazzo è la Chiarina. Sono tre mesi che non la sento e mi sta chiamando ora e non lo sta facendo per chiedermi un favore, ma così, tanto per sentirmi. Adesso. La Chiarina. Roma può far paura.

sabato 6 ottobre 2007

CELEBRITIES (?)


Ecco l'elenco dei tipi famosi che ho incontrato, finora, nella Capitale:


Quel giornalista Rai identico a Gianni Riotta (poteva pure essere lui). Mangiava pizza al taglio in compagnia di una giovane donzella nei pressi di piazza Fiume, a due passi da Vivalibri e Castelvecchi. Dozzini ha osservato per qualche minuto la scena e poi ha detto: "Mica tonto. Quella n'è male. Certo che 'sti mezzobusti..."

Fassari Antonello. Guidava, dopo le 20,00, lungo una via trafficata della capitale. L'ha notato Nasic, mentre eravamo fermi a un semaforo. L'abbiamo seguito, fino allo stop successivo. Dopo averlo affiancato abbiamo cominciato a fissarlo: Dozzini non faceva che berciare "i Poooooohhhhhh...sò communista così.....i poohhhhhhhhhpoooohhhhh", io e Nasic ridevamo. Fassari, occhiali da vista e donna al fianco, deve essersi spaventato molto. Ci ha guardati terrorizzato.

Piotta Er. Due volte. In casa editrice. Pubblicherà a breve un libro con Castelvecchi. E' basso, veste come nel video del Supercafone, tiene la barba incolta e l'ultima volta l'ho sentito dire "vorrei potè ridà 'n'occhiata all'urtimo capitolo".

Zechila Antonio. E' passato parlando al telefono mentre aspettavo il pulman per termini. Appena l'ho visto ho pensato "ma chi cazzo è questo che mi sembra di conoscerlo!". Il tempo di realizzare e già tutte le persone che lo avevano incrociato, e dico tutte, si erano voltate e dicevano a voce piuttosto alta "anvedi er-mutanda".

Ferreri Gianni. Sto parlando del simpatico partenopeo di Distretto di Polizia. Era sul tram che da casa mia mi porta alla stazione. Non l'ho riconosciuto finchè non siamo scesi. Anzi, ero dietro di lui e siccome si muoveva piuttosto lentamente, l'ho maledetto. Avevo fretta.

Insinna Flavio. Sempre a un semaforo. Stavolta ero io a guidare, mentre lui era il passeggero di un'auto guidata da una discreta topa. Stava componendo un numero al telefonino. Quando dall'altra parte hanno risposto, ha detto: "sò Flavio..." Dozzini non l'aveva riconosciuto, poi quando ha capito chi era mi ha chiesto molto seriamente se lavorava ancora con Terence Hill. Me lo ha chiesto davvero troppo seriamente.

venerdì 5 ottobre 2007

DENNIS SE NE VA

Un tipo sui quarantaquattro anni si è presentato oggi in casa editrice perchè voleva riprendersi il suo romanzo. Le ragazze non sapevano dove fosse e gli hanno chiesto il titolo. Lui, riccio, trippa da alcolizzato, sguardo perennemente terrorizzato, con il quotidiano del mattino arrotolato nella tasca destra dei pantaloni, ha balbettato di non ricordarselo. "Ma come suonava?...a grandi linee..." gli hanno chiesto. E niente. Neppure "a grandi linee" se lo ricordava. Poi un lampo: "Dennis se ne va. Sì. E' questo il titolo. Ma se non lo trovate adesso non fa niente. Magari torno un altro giorno. L'importante è che lo recupero. Non l'ho perso in tutte le camerette che ho girato; mi dispiacerebbe se proprio adesso non si ritrovasse!".
Se lunedì non è saltato fuori mi metto a cercarlo io.

martedì 2 ottobre 2007

CASA MIA, CASA MIA

Nella mia nuova casa al numero 76 di via collatina ieri mattina ho trovato alcune facce nuove. Sono entrato, ho posato i bagagli e mi sono affacciato in cucina. Seduti attorno al tavolo sei tizi in mutande ridevano mangiando marmellata e sorseggiando latte e caffè. Lorenzo, uno dei miei coinquilini, mi ha guardato sconvolto. Certo non si aspettava che arrivassi di lunedì mattina. Certo avrà creduto che io mi fossi incazzato molto. E in effetti lì per lì ho avuto il desiderio di starngolare tutti. Poi, con grande autocontrollo, ho sorriso e me ne sono andato in terrazzo. Stavo quasi raggiungendo la pace dei sensi quando ho pensato una cosa: se in casa mia c'erano sei esseri umani in più del solito, e se i letti di casa sono cinque(sei?) in tutto, e se, come era più che evidente, avevano tutti dormito lì, di corpi in orizzontale quella notte dovevano essercene stati almeno (e dico almeno) 9. Allora mi sono detto "qualcuno avrà dormito con qualcun'altro. Si saranno stretti. Ma avranno rinunciato ad occupare uno dei letti?". Insomma, io avevo lasciato il mio giaciglio rifatto, con le lenzuola pulite e tutto il resto. Così sono entrato in camera e, orrore, ho trovato quel che mi aspettavo. I giovani pugliesi tornati in blocco dalla vacanza a Ibiza, non avevavo fatto sconti. Avevano trovato un letto e l'avevano razziato. Ora sulla federa del mio cuscino tre mici mi guardano. I miei inquilini hanno messo a lavare le mie lenzuola e me ne hanno date altre pulite. Di loro iniziativa. Direte, ovvio, un finale scontato. Ma il forte della storia era il pezzo dei 6 tipi in più. L'avrete capito. Poi in qualche modo dovevo finire, no?